In memoriam: Francesco, Papa delle periferie
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22 Aprile 2025

“È con profondo dolore che devo annunciare la morte del nostro Santo Padre Francesco. Alle 7.35 di questa mattina, il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre. Tutta la sua vita è stata dedicata al servizio del Signore e della sua Chiesa”. Con queste parole il cardinale Kevin Joseph Farrell ha annunciato al mondo la morte di Francesco il lunedì di Pasqua, 21 aprile 2025.

Il giorno della sua elezione a 266° successore di Pietro, più di 12 anni fa, il 13 marzo 2013, le sue prime parole furono: Voi sapete che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a cercarlo quasi alla fine del mondo.

Il Papa della “fine del mondo” è stato anche il Papa delle periferie. Fin dai suoi primi gesti, quando rinunciò al lussuoso Palazzo Papale e decise di vivere nella Casa di Santa Marta. O quando ha segnato l’inizio del suo pontificato recandosi sull’isola di Lampedusa, nel sud Italia, per mostrare solidarietà alle vittime del Mediterraneo e per sostenere, da quel momento in poi, politiche di accoglienza e integrazione a favore dei migranti.

Francesco è stato il pastore ‘con l’odore delle pecore’ che ha rischiato tutto per portare la Chiesa cattolica alle frontiere geografiche ed esistenziali dove la vita grida. “Preferisco una Chiesa ammaccata, ferita e macchiata dall’uscire per le strade, piuttosto che una Chiesa ammalata dal confino e dalla comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze”, ha detto nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, in cui ha esposto il “piano programmatico” del suo pontificato.

È stato il pontefice della misericordia che per più di un decennio ha insistito più volte sul fatto che la Chiesa dovesse essere “povera per i poveri”, un “ospedale da campo” per curare le ferite della gente, una Chiesa aperta a tutti, senza distinzioni.

Come vescovo di Roma si è impegnato per la fraternità e l’amicizia sociale, come ha sostenuto nella sua enciclica Fratelli tutti (2020), e ha chiesto la fine delle guerre attraverso il dialogo, perché per lui “ogni guerra è una sconfitta”.

È stato il Papa che ha denunciato con forza i crimini socio-ambientali e ha invocato la cura del Creato nella sua enciclica Laudato si’ (2015), e la necessità di attuare azioni multilaterali di fronte alla crisi climatica, attraverso l’esortazione apostolica Laudate Deum (2023). Ha anche messo gli occhi sull’Amazzonia, dedicando un Sinodo straordinario “per una Chiesa dal volto e dal cuore amazzonico” nel 2019.

È stato il pontefice che ha sostenuto la speranza in tempi di pandemia e ha ricordato ai leader mondiali che da una crisi non si esce allo stesso modo: o si esce meglio o si esce peggio.

È stato il leader spirituale che ha affrontato senza indugi la piaga degli abusi nella Chiesa, ascoltando le vittime e chiedendo perdono.

È stato anche il Papa che non ha risparmiato sforzi per mantenere l’unità e la comunione tra i cattolici, e che ha condotto la Chiesa lungo i sentieri della sinodalità, basata sulla comunione, sulla partecipazione e sulla missione.

Ed è stato il Papa della speranza, che ci ha incoraggiato a vivere l’Anno giubilare 2025 come pellegrini della speranza, perché “la speranza non delude”, è “l’ancora dell’anima”. Speranza è il titolo della sua autobiografia, pubblicata all’inizio di quest’anno, come memoria viva della sua eredità duratura.

I Fratelli delle Scuole Cristiane ringraziano il Signore per il dono che la vita di Papa Francesco ha fatto alla società, alla Chiesa e alla Famiglia Lasalliana.

Risplenda la tua luce perpetua! Riposa in pace, Papa Francesco!

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